La nostra regione, purtroppo, dopo la Basilicata ed il Molise è quella che in tali realtà territoriali perde residenti più di altre. Il fenomeno dello spopolamento delle aree interne calabresi nelle quali sono situati circa l’80% dei comuni, di cui il 90% montani, con una popolazione che è oltre il 50% di quella dell’intera regione, è diventato una vera e propria emergenza. Tali dati non sono certo una novità per Uncem e per i Sindaci, ma sono poco noti ai più, in quanto non solo non sono stati abbastanza presenti nelle ultime campagne elettorali, ma addirittura non sono sufficientemente conosciuti da coloro che vengono eletti. Eppure sono lì, in mezzo a chi pensa che la soluzione allo spopolamento delle aree interne sia la “borghizzazione” dei Paesi, con misure quali il “Piano borghi” che il PNRR ha varato – buttando via un miliardo di euro.
La legge sulla montagna così interessante e moderna del 1994, ultima della Prima Repubblica, è rimasta lettera morta. La questione montana è stata “risolta”, dal 2005 in poi, azzerando il fondo montagna nazionale e smontando le “Comunità montane. Così sono iniziati l’allontanamento dello Stato dai territori e la distruzione del tessuto istituzionale. Nel 2013 è poi arrivata la Strategia nazionale Aree interne. Ambiziosa ed evoluta. Si inventa una nuova classificazione di Comuni (centri, periferici, ultraperiferici! e le distanze dalle stazioni e dagli ospedali) e 72 aree pilota, mettendo insieme fondi statali e regionali. Sin dall’inizio, ci si è persi nella burocrazia. Le 72 aree sperimentali, per circa mille Comuni, non verranno mai estese e i Ministeri non hanno mai avuto voglia di adeguare provvedimenti normativi, numeri e regole a quanto è emerso dalla prima sperimentazione. Basti guardare alla norma sulle classi e sulle dirigenze scolastiche: numeri abbassati due anni fa in legge di bilancio e corretti al rialzo, un anno dopo. I parametri che devono cambiare, restano immutati, per fare una classe, per avere un ospedale, per avere servizi dignitosi. Meglio proseguire come si è sempre fatto, secondo alcuni, senza differenziazioni di politiche in base alle geografie. I numeri della spesa della Strategia aree interne su Open Coesione sono drammatici: dal 2014 a oggi, 11% di progetti conclusi, 4% di progetti liquidati, 29% (su 1904 progetti monitorati) di progetti non avviati.
Abbiamo lavorato come Uncem nel corso degli ultimi anni, per convincere il Governo regionale ad affrontare le grandi questioni delle aree interne e montane calabresi, sia dal punto di vista istituzionale, rafforzando i piccoli comuni, sia dal punto di vista sociale, economico ed ambientale. In seguito allo scioglimento delle Comunità montane ed allo smantellamento delle Province, i piccoli Comuni privi di adeguate risorse finanziarie e di personale qualificato, sono rimasti da soli nell’affrontare le tante problematiche. Finalmente in data 30 maggio 2023, prestando ascolto alle nostre richieste e proposte è stato presentato, a firma dell’Assessore Gianluca Gallo e del Presidente Filippo Mancuso, un Progetto di legge che incentiva la costituzione delle Unioni di Comuni montani, assegnato per l’esame di merito alla 1^ Commissione del Consiglio regionale. Una proposta che va a colmare un vuoto esistente in Calabria, dal momento che alcune Regioni hanno lasciato in vita le Comunità montane (Lombardia, Campania e Lazio) e quasi tutte le altre hanno incentivato la costituzione delle Unioni di Comuni montani. Unioni che è bene sottolinearlo, sono altra cosa rispetto alle Comunità montane, a partire dal fatto che i loro amministratori non percepiscono alcuna indennità di carica e gettoni di presenza e, quindi, non comportano alcun onere per la finanza pubblica (Art. 32 D.Lgs. 267/2000).
Per circa 9 mesi il Progetto di legge è rimasto chiuso in qualche cassetto e, solo dopo varie sollecitazioni e la formale richiesta da parte nostra alla Presidente, il 27 febbraio scorso è stata convocata la 1^ Commissione con unico punto all’ordine del giorno la proposta di legge n. 186/12^ di iniziativa dei Consiglieri Mancuso e Gallo recante: “Norme in materia di Unione di comuni montani”. L’illusione, però, ha avuto breve durata. Il giorno prima della riunione la convocazione della Commissione è stata annullata. Evidentemente la proposta suscita scarso interesse sia tra le file della maggioranza sia tra quelle della minoranza consiliare. Il provvedimento non istituisce nuovi Enti strumentali della Regione. Incentiva semplicemente l’associazionismo comunale e definisce gli ambiti territoriali all’interno dei quali possono essere costituite le Unioni di comuni montani. Unioni che vanno viste come un’opportunità offerta ai Comuni montani di crescere in maniera virtuosa, di essere maggiormente competitivi, di superare attraverso la forma associativa comunale i rispettivi punti di debolezza, trasformandoli in punti di forza e divenire, per i cittadini e le imprese, interlocutori privilegiati nelle politiche di sviluppo e di miglioramento complessivo della qualità della vita di ognuno.
Questi gli obiettivi che si propone il Progetto di legge citato che, ci auguriamo, possano essere fatti propri dall’intero Consiglio Regionale, come prima risposta all’esigenza di rafforzare la governance delle aree interne e montane, promuovere lo sviluppo e l’occupazione e porre freno al dilagare dell’abbandono di tali territori.