Commissariamenti: abusi di Stato o necessità? Il vicepresidente dell’antimafia propone di rivedere la normativa
Il vicepresidente della commissione Antimafia, Mauro D’Attis (FI), apre alla revisione dei commissariamenti per infiltrazioni mafiose. Ma il sistema, ormai radicato nella burocrazia e nella giustizia, sembra consolidare abusi di Stato a discapito della democrazia
L’onorevole Mauro D’Attis, vicepresidente della commissione nazionale Antimafia, ha lanciato un segnale importante. Parlando di fronte a casi emblematici come quelli dei Comuni di Ostuni, Squinzano e Carovigno, il deputato di Forza Italia ha proposto una revisione delle normative che regolano i commissariamenti dei Comuni per infiltrazioni mafiose, aprendo un tema di estrema delicatezza che coinvolge non solo la giustizia amministrativa, ma anche il futuro della rappresentanza democratica nei territori. “Sarà la volta buona?”, viene da chiedersi. La politica fino ad oggi non è stata capace di riformare un sistema giuridico e amministrativo concepito per affrontare l’emergenza criminale, ma che, col tempo, ha rivelato un volto ben più oscuro. Nonostante il contesto sia cambiato radicalmente, la macchina dei commissariamenti continua a muoversi con lo stesso schema, chiudendo amministrazioni comunali e soffocando la democrazia locale. L’uso strumentale degli scioglimenti antimafia è sotto gli occhi di tutti, e oggi si costruiscono carriere prefettizie e burocratiche grazie a questa dinamica. È diventata una spirale perversa, che coinvolge non solo la politica, ma anche la giustizia amministrativa: TAR e Consiglio di Stato, attraverso i loro pronunciamenti, hanno consolidato un potere che non sembra più rispondere neppure alle ultime modifiche legislative.
Siamo di fronte a derive pericolose, in cui si annida una burocrazia amministrativa e giudiziaria che ogni anno che passa si consolida sempre di più, strangolando la rappresentanza popolare. D’Attis ha posto una questione cruciale, ma senza una piena consapevolezza politica della necessità di una riforma profonda, rischiamo di veder spegnere lentamente la nostra democrazia.